Sulla Luna c’è più acqua di quanto si ritenesse fino a oggi, per di più, in forme che la renderebbero (in teoria) più accessibile ad eventuali missioni terrestri. Lo confermano due studi di ricercatori americani apparsi oggi che mostrano prove convincenti della presenza di acqua, ipotesi che fino agli anni Novanta era data per impossibile vista l’assenza di un’atmosfera in grado di proteggerla dall’irradiazione dei raggi solari. Poi una serie di navicelle riscontrarono possibili tracce di ghiaccio in crateri grandi e inaccessibili vicino ai poli lunari, scoperte confermate nel 2009 dagli spettrometri della sonda spaziale indiana Chandrayaan-1.
Oggi, sulla rivista Nature Astronomy, si spiega che molecole inequivocabilmente di acqua sono state rilevate sulla superficie lunare, assieme ad aree – posizionate in prossimità dei poli – in grado di intrappolare l’acqua sotto forma di ghiaccio. Non è chiaro se si tratti di acqua ‘prodotta’ sul nostro satellite o portata sulla Luna da fonti esterne.
La Nasa parla di una “nuova eccitante scoperta”, che potrebbe rilanciare il programma Artemis (cui ha aderito anche l’Italia) che si propone di riportare astronauti sul nostro satellite entro il 2024 in vista della – più impegnativa – prima missione umana su Marte.
A permettere la conferma della presenza di acqua sulla Luna è stato uno speciale Boeing 747SP modificato – dotato di un telescopio con un diametro di 2,7 metri – in dotazione alla Nasa e di base in California. Il velivolo – che fa parte del programma Sofia (Stratospheric Observatory for Infrared Astronomy) – è in grado di volare ad altitudini fino a 45.000 piedi (poco meno di 14 km): a questa quota l’atmosfera è priva di oltre il 99% del vapore acqueo presente, così da offre una visione più chiara dell’universo con strumenti di analisi a infrarossi in grado di rilevare la lunghezza d’onda specifica delle molecole d’acqua, a 6,1 micron. Le molecole, peraltro, sono state identificate nel cratere di Clavius, uno dei più grandi del nostro satellite, uno spazio piuttosto soleggiato e quindi teoricamente arido.
I dati provenienti dal cratere rivelano acqua in concentrazioni da 100 a 412 parti per milione – più o meno equivalenti a una lattina di liquido intrappolata in un metro cubo di terreno. A titolo di confronto, spiega la Nasa, il deserto del Sahara presenta una quantità d’acqua 100 volte superiore a quella rilevata dal programma SOFIA nel suolo lunare. Nonostante le piccole quantità, la scoperta solleva nuove domande su come viene creata l’acqua e su come persiste sulla dura superficie lunare priva di aria. Diverse forze potrebbero essere in gioco nel rilascio o nella creazione di quest’acqua. Le micrometeoriti che piovono sulla superficie lunare, trasportando piccole quantità di acqua, potrebbero depositare le molecole sulla superficie lunare al momento dell’impatto. Un’altra possibilità è che potrebbe esserci un processo in due fasi in cui il vento solare fornisce idrogeno alla superficie lunare e provoca una reazione chimica con minerali che hanno intrappolato ossigeno creando un gruppo idrossile che a sua volta altre radiazioni potrebbero trasformare in acqua.
L’esistenza dell’acqua ha implicazioni per le future missioni lunari, perché potrebbe essere trattata e usata per bere, mentre – una volta separati idrogeno e ossigeno – il primo potrebbe fornire propellente per razzi mentre il secondo potrebbe essere usato per respirare.
A raffreddare – letteralmente – gli entusiasmi, la circostanza che questo ghiaccio andrebbe raccolto in crateri scuri e con pareti molto ripide dove la temperatura raramente supera i -230° C. Le aree in cui provare a estrarre acqua sono comunque più estese di quanto si potesse immaginare. Utilizzando le immagini del Lunar Reconnaissance Orbiter, gli studiodi della University of Colorado, a Boulder, guidati da Paul Hayne, hanno mappato la superficie lunare e hanno calcolato che circa 40.000 km quadrati avrebbero in teoria la capacità di intrappolare l’acqua. (AdnKronos)